venerdì 10 gennaio 2014

La felicità dei "porci".

Una mattina, prima di Natale, babyP mi ha fatto il ritratto
Mi ha detto stai ferma, e io stavo lì, immobile, con un'espressione studiata da madre affettuosa. BabyP mi fissava, tracciava qualcosa sul foglio - un occhio, una frangetta, un piede - e poi tornava a scrutare le linee del mio corpo
Mi ha dato il disegno, e ha atteso. 



Avevo il cuore in un piede, il collo che penzolava dalla pancia e la mano come una cresta di gallo sulla testa. 
Le ho detto che era un bel disegno, molto fantasioso; mi sono toccata la sommità della testa e mi sono sentita così infelice con quella ridicola cresta. 

Il medico e filosofo La Mettrie sosteneva, a metà del Settecento, che l'uomo fosse una macchina complessa e unitaria, soggetta alle leggi della natura. Anche l'anima, un termine vano, è un ingranaggio della macchina - il motore - dotato di muscoli per pensare come le gambe per camminare.
I nostri stati d'animo dipendono da come la macchina è montata: se ogni parte è al posto giusto e svolge correttamente la propria funzione, si è felici. Se, invece, ci si ritrova con il cuore in un piede, sangue e sentimenti non vengono messi in circolazione.
La felicità è un impulso: bisogna sentirla, col corpo. L'anima, accantonata ogni velleità intellettuale, deve essere corpo, vischioso e lascivo.


Bevi, mangia, dormi, russa, sogna; e se qualche volta pensi, fallo tra una bevuta e l'altra, e sia sempre un pensiero rivolto o al piacere del momento presente, o al desiderio riservato per l'ora seguente. [...] ti ci puoi voltolare dentro, come i porci, e sarai felice come loro.

Siamo partite per le vacanze, destinazione Sicilia. 
Ho iniziato a bere, mangiare, dormire, russare, sognare. Ho iniziato a sentire.

Con lo stomaco le cose che si mescolano, a ondate: la pasta con le sarde, tutte quelle pagine scritte e mai lette, la granita ai gelsi, le favole inventate alle tre del mattino, il pescestocco, i pianti con gli occhi secchi.

Con la spalla il respiro di babyP.




Con l'anima il mondo attorno a me, per staccarmi da quello che ho dentro. Mute di cani vagabondi, un pescatore che puliva il pesce schizzando per aria squame luccicanti, un sugo che per cuocerlo s'impiegano sei ore e bisogna stare lì, a curarlo. 

Con gli occhi i colori di un inverno che è giallo, blu e verde.



Con la lingua il ragù denso degli arancini.

Con il dito bagnato di saliva la direzione da seguire: lasciarsi portare dal vento e poi risalirlo; mollare e andare contro.




Questo è il ritratto che babyP mi ha fatto al ritorno dalle vacanze.




11 commenti:

  1. Considerato quello che ti sei mangiata in Sicilia, dal ritratto emergi ancora più in linea da come eri partita.
    Sempre più avvincente questo romanzo tra te e babyP.

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  2. Secondo me quella è una corona. Non ho dubbi.

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  3. :) E' gia' avanti eh... qui si scarabocchia e basta!!

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  4. Lieta di aver trovato il tuo blog.
    :-)

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  5. Betornata e buon anno!
    anche io ho pensato ad una corona, comunque ad un monile decorativo...dici che fosse davvero la mano, ad essere finita lassù?
    in tal caso avrebbe unito la parte manuale con quella intellettuale...buon segno no?
    (ora come ora credo che mio figlio farebbe lo stesso disegno..nel senso che farebbe la crestina anche a me, bianca, sì...e anche un grembiulino bianco, e una divisa nera sotto ...e un levapolvere in mano!!! la mia polemica con gli adolescenti che vedono le madri come delle domestiche e basta, continua...ma si vede che loro han fatto tesoro dei consigli del La Mettrie! :) )

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