"Perché
avete tutti paura della libertà?",
sbraita a un suo allievo l'emerito professore Nikolaj Stepanovič in "Una storia
noiosa" di Čechov.
"Perché
non sappiamo cosa metterci dentro", potrei rispondergli.
La
libertà è come una di quelle borse da spiaggia flosce che, solo una
volta riempite - di crema, costume, occhiali da sole, infradito e scavatrice -,
acquistano consistenza e dignità ontologica.
Ci
sono mattine, d'inizio estate, quando il sole nasce presto come una promessa di qualcosa, che viene una gran voglia di riempire
la propria borsa, con una fretta che viene dal ventre.
Una donna si
dipinge le unghie come uno sfarfallio di coleotteri colorati.
Un bambino si
finge malato per non andare a scuola. Appoggia il termometro alla
lampadina, e poi piagnucola attenzioni. La mamma, senza toccargli la
fronte, dice va bene, hai la febbre, sono in ritardo, devo correre in ufficio, speriamo che passi in fretta ché ho prenotato tre giorni di albergo al mare. Chiamo
la babysitter.
Una ragazza col
vestitino provenzale e le zeppe di corda va al mare con un uomo, sposato, e
trascorrono la giornata a scattarsi foto - prima lei, poi lui, poi
loro due insieme - . Alle cinque è ora di tornare in città, perché l'ignara famiglia di lui lo aspetta per cena, e lei prova una fitta al
cuore, percepisce qualcosa d'insensato, quasi crudele:
non potrà pubblicare le loro foto su Facebook.
Un
uomo chiama la moglie per nome - Clara - per sette anni, poi, un giorno in cui lei sta cullando un piccolo essere umano, inizia a chiamarla
"mamma", e non la perdona per quella metamorfosi.
Una
bambina ruba una winx a un'altra bambina. Nessuno la scopre, ma lei è
insoddisfatta, e presto annoiata dalla winx: la prossima volta ruberà
la bambina.
Un
ragazzo rivela il suo amore a chiunque lo faccia sentire meno solo.
Non
è l'urgenza a renderci liberi: la libertà riempita di tutta fretta
ingombra e pesa.
È per questo motivo che io e babyP stiamo per partire per i mari del sud con una borsa vuota: andiamo a cercare laggiù parole che galleggiano sull'acqua, corpi selvatici che camminano senza scarpe e si stringono senza vestiti, notti in cui l'unica connessione è quella col silenzio.
A
presto.