venerdì 28 novembre 2014

Saper essere piccoli.

"Saper essere piccoli. Si deve essere ancora vicini ai fiori, all'erba, alle farfalle, come il bambino, che non li sovrasta di molto. Noi adulti siamo invece più alti e dobbiamo chinarci fino a loro; [...] Chi vuole aver parte ad ogni cosa buona, talvolta deve saper anche essere piccolo." (F. Nietzsche)

Saper essere piccoli: saper rannicchiare il corpo e stendere l'anima. L'anima, libera e distesa, si avvicina così a quel mondo dimenticato dove anche la felicità, seppur piccola, esisteva.
Un fiore, un cucciolo, una torta appena sfornata: l'anima dà uno sguardo distratto a queste cose piccole e graziose, s'impiastriccia con tutto quel miele, e ne conviene: il fiore è bellissimo - i petali fragilissimi -, il cucciolo tenerissimo e la torta squisitissima. 

I bambini, però, poco inclini alla contemplazione fine a se stessa, acciuffano quelle cose piccole e graziose e ne fanno qualcosa: fiori dipinti sulla parete della cucina, bellissimi come quelli veri, un cucciolo di scarafaggio adagiato sulla tavola imbandita (Mamma, dobbiamo salvarlo!), una torta di pasta di rossetto Chanel n. 102 "Palpitante" e dentifricio Colgate.
Qualunque tentativo di chinarsi vicino alle loro azioni - a come la loro anima mescola le cose trasformandole in vita - è inutile. 
Sono ridicola e malinconica quando mi faccio piccola. A volte, mi irrito anche.

Stamattina camminavamo verso l'asilo, babyP con un ombrello di stelline io con un cappello da parigina, e ancora sopra un cielo di latta. 
Ha cominciato lei: 
- Partirà la nave partirà.
- Dove arriverà, questo non si sa, - ho farfugliato piano piano.
- Sarà come l'arca di Noè, il cane, il gatto, io e te, - un cappello e un ombrello che cantavano insieme.






Il cielo di latta ha ripreso a tamburellare. Il mio corpo si è rannicchiato sotto il suo ombrello, l'anima distesa, quasi felice.







lunedì 10 novembre 2014

Alla ricerca di una notte perduta.

Non mi alzo più di notte, e quando mi alzo sono sbrigativa, efficiente: arrivo al letto di babyP con un bicchiere d'acqua in mano o un bacio sulle labbra. Ho sempre freddo, tra le stanze soffiano venti di bora, e mi copro con un maglione informe.

Questa notte mi sono alzata, Mi cola il naso!, e sono arrivata coi kleenex di Peppa Pig infilati nella manica del maglione. BabyP si è rimessa a dormire, e io ho iniziato a camminare per la casa. Mi sono sentita strana, accaldata: non soffiavano i venti; la casa protetta, il buio caldo.
Ho spalancato la finestra e il buio è entrato ancora più caldo, il ricordo di una notte antica. C'erano una donna con una sottoveste lunga, da principessa, e una neonata silenziosa con grandi occhi spalancati sulla notte. Se la posavi nella culla spalancava anche la bocca.
Mi sono seduta su quel divano che è stato il sudario dei nostri corpi ed era là, sparpagliata attorno, quella notte perduta. 



I momenti perduti arrivano così, da qualcosa di apparentemente esterno, una finestra spalancata, una madeleine inzuppata di tè. Arrivano da quella che il filosofo tedesco Benjamin chiamava Erfahrung ovvero l'insieme di dati accumulati nella memoria, spesso in maniera inconsapevole. È l'esperienza stratificata, il passato che dura nel presente; sono le cose autentiche, quelle che - lente, molli - sono cadute nella memoria senza che ce ne rendessimo conto. 
Perché sono finite laggiù? Perché l'intelletto è tutto preso da un altro tipo di esperienza, immediata, frammentata, choccante (l'Erlebnis): è l'esperienza della vita moderna, una sequenza di eventi-urto, inutili tentativi di sentirsi vivi. L'intelletto incasella e butta via - sono eventi di puro presente -; le cose preziose scivolano oltre l'intelletto, antiche e perdute, ma piene di vita
Benjamin cita lo sforzo di Proust di ritrovare quel tempo perduto: l'intelletto si mostra incapace di verità, fornisce dei dati estranei, è solo la memoria involontaria che può casualmente restituire i colori della verità.
Ricercare qualcosa di perduto significa lasciarlo emergere, per come è, senza alcuna volontà di possesso o comprensione: laggiù c'erano l'amore e l'odore di latte e la solitudine nera di una ninna nanna sussurrata alle tre del mattino. 

Il passato è un legame affettivo, un abbraccio caldo come il buio tra due esseri umani che impararono ad amarsi con la pelle e con gli occhi in una notte perduta.