mercoledì 31 ottobre 2012

L'atopia di Socrate.

Adoro Socrate
I miei studenti ridacchiano un po' quando descrivo il suo aspetto bizzarro (naso camuso, occhi sporgenti, pancia prominente, piedi nudi sia d'estate sia d'inverno), e s'interessano pure della sua vita sentimentale, così racconto di Santippe, moglie perennemente sull'orlo di una crisi di nervi, con tre bambini, esclusa dalla vita politica e culturale di Atene (come tutte le altre donne), abbandonata dal filosofo che, invece di lavorare e portare due soldi a casa, perdeva tempo a interrogare e confutare. 

Anche il processo a Socrate li coinvolge, e più di tutto il fatto che muoia con un cocktail di cicuta ("com'è la sensazione? cosa si prova? la vendono? sballa?"). 
La spiegazione filosofica per la quale lui accetta serenamente l'ingiusta condanna a morte, li lascia basiti. 

C'è un atteggiamento di Socrate, in particolare, che mi affascina: la sua atopia (dal greco: senza luogo).
Ha trascorso una vita frenetica (e discuti, e fai cambiare idea, e ironizza, e insegna senza insegnare, e fai pure un terzo figlio a quasi settanta anni), ma ogni tanto non ce la faceva più: si bloccava, e si isolava mentalmente dal resto del mondo. 

Platone, nell'apertura del Simposio, riferisce di Socrate che si sta recando al simposio (una sorta di party radical chic) a casa del poeta tragico Agatone.
Nel vestibolo della casa si ferma. Il padrone di casa si scoccia, ma un discepolo di Socrate lo difende: "Lasciatelo stare. Ha quest'abitudine: talvolta si isola, dove gli capita, e sta lì immobile. Verrà presto, io credo. Non turbatelo, dunque, lasciatelo stare":
Socrate si estraniava, raccogliendosi in pensieri profondi, forse in contatto col suo "demone" personale, o forse maledicendosi per quella vita difficile, con la moglie bisbetica, i discepoli appiccicosi e i nemici potenti che non vedevano l'ora di trovare una scusa per farlo fuori.

Per la maggior parte dei suoi contemporanei l'atopia del filosofo era solo un'ulteriore conferma della sua stramberia, ma il loro giudizio era superficiale. 
Io e babyP ti capiamo, o Socrate, e non solo, portiamo avanti il tuo essere senza luogo. Siamo dislocate.

BabyP, a volte, è così dentro di sé a meditare come va questo mondo, o se ci siano alternative a questo mondo, che se la chiami, fa un salto di dieci metri per lo spavento. 
E io mi blocco, con l'occhio vitreo e l'espressione trasecolata, davanti alla metro che passa, alla bollatrice della scuola, alla lavagna sul più bello della lezione, alla pappa fumante di babyP, alle giostrine dei giardinetti.


Tipico esempio di atopia. Ai giardinetti.


Io e babyP siamo seguaci fedeli di Socrate, spaesate di fronte alla vita che senza ricerca non è degna d'essere vissuta

giovedì 25 ottobre 2012

Citazioni filosofiche.

Se volessi diventare una prof popolare aprirei le mie lezioni scrivendo una citazione filosofica d'impatto sulla lavagna. Peccato che al vertice della top ten dei miei studenti ci siano le seguenti citazioni:
1. "Solo dal caos può nascere una stella danzante" (Nietzsche)
2. "Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce" (Pascal)
3. "La misura dell'amore è amare senza misura" (Sant'Agostino)
Le mie allieve, in particolare, studiano filosofia per postare citazioni su Facebook.

A BabyP piace tanto "Il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me". 
Le piace Kant, forse per via di quella caratteristica che hanno in comune: l'essere abitudinari. Quando Kant passeggiava per Königsberg i suoi concittadini regolavano l'ora in base al suo passaggio, sempre puntuale, sempre per la stesso viale. 
In quella citazione, che si trova nella conclusione della Critica della Ragion Pratica (e pure come epitaffio sulla sua tomba), riassume ciò che gli riempie l'anima "di ammirazione e di venerazione": il cielo stellato sopra le nostre teste è inconoscibile da noi, piccoli e finiti, ma lo possiamo pensare, ammirare e tendere un po' più in là. La legge morale, assoluta e incondizionata, è dentro di noi, precisamente nella nostra ragione, e bisogna fare molta attenzione a non farci guidare da ciò che proviene da altro.

Ecco, è dentro di noi che si prova la libertà delle stelle.

Domani parlerò delle stelle che muoiono all'alba, quando aspetto il pullman, e delle stelline che piacciono tanto a babyP. 
Dirò la verità: io, a differenza di Kant, non sento alcuna conciliazione dentro di me, alcuni miei desideri sono ancora lassù, de-sidera (dal latino: dalle stelle).

E i miei allievi, rapiti dal mio sproloquio, mi chiederanno: 
"Ma chi ha scritto Siamo angeli con un'ala sola: per volare dobbiamo stare uniti? Kant???!".


Le stelline di babyP: segno tangibile di un desiderio realizzato (per me, lei e per lei, mangiare).




sabato 20 ottobre 2012

Essere una mamma prof filosofa.

Essere una mamma-prof-filosofa significa arrivare il sabato mattina al ridente paesino dove s'insegna, e rimuginare che sono solo le 7 e si è sveglie già da due ore, e annusare nell'aria fresca l'odore caldo di babyP che dorme ancora.

Essere una mamma-prof-filosofa significa viaggiare sempre, rimettere in discussione continua le proprie convinzioni, e quindi godersi il caffè con gli altri colleghi sventurati, e sentirsi pure bene, nonostante tutte le ingiurie rivolte la sera precedente al "sistema-scuola".

Essere una mamma-prof-filosofa significa spicciarsi col caffè per poter stampare i compiti in classe, riordinare nel cervello Cartesio, la I guerra mondiale, Las Casas e ripensare a babyP e ai suoi sogni (e dare una sbirciata al cellulare perché magari il latte è finito, o a babyP è peggiorato il raffreddore, o si è svegliata e ha imitato un nuovo verso degli animali).

Essere una mamma-prof-filosofa significa far fermare i colleghi, mentre si sta raggiungendo la scuola, e obbligarne uno, stupefatto, a scattare una fotografia.


Essere una mamma-prof-filosofa significa anche rimbecillirsi, e non trattenersi dal farsi scattare una fotografia, da mostrare a babyP, mentre si fa cucù dietro un gelato.

giovedì 11 ottobre 2012

BabyP è epicurea. Io no.

Epicuro risulta simpatico a tutti.
Innanzitutto non era snob come gli altri filosofi: aveva aperto le porte della sua scuola del "giardino" a tutti, comprese donne e schiavi. Vivevano in maniera comunitaria, lontano dai tumulti e dai pettegolezzi di Atene, e secondo i principi filosofici dell'amicizia, della libertà e della frugalità.
Il suo pensiero, poi, è terapeutico: non solo ci spiega come guarire dalle paure, ma ci svela anche qual è la via per essere davvero felici.

La felicità è il piacere, ma non il primo che ci passa per la mente.

Epicuro invita a un calcolo razionale dei piaceri per evitare l'inseguimento di un piacere che non porterà mai a un progetto di felicità.
Potremmo classificare i piaceri in:
1) non naturali e non necessari (potere, ricchezza, fama)
2) naturali ma non necessari (bere champagne, mangiare a un ristorante "stellato", avere una liaison con Johnny Deep)
3) naturali e necessari (amicizia, libertà, pensiero, bere e mangiare sobriamente)

La mia lista, hic et nunc:

a. iPhone 5: abbandono definitivo dei miei cellulari in offerta a 59.90
b. piscina in casa per riuscire a nuotare e lavare via i pensieri
c. scuola modello-Svezia ma a 5 minuti da casa
d. stuolo di tate, collaboratrici, cuoche sopraffine; un maggiordono/general manager della mia vita
e.aperitivo -lungo, lunghissimo- con le amiche
f. il faccino del '99, e pure la mise spagnola
g.tramezzini di Miretti
h. leggere, leggere, leggere. indisturbata in mezzo al mare



Analisi della lista dal punto di vista epicureo: il mio progetto di felicità risulta essere infondato. 
I piaceri a), b), d), f), g) appartengono alla categoria dei più turpi piaceri, surrogati di quel che veramente desideriamo, ma non abbiamo.
I piaceri c), e), h) rientrano sì nei desideri naturali (svolgere decentemente il proprio lavoro, l'amicizia, il leggere) ma macchiati da condizioni non necessarie (la Svezia come modello scolastico in Italia? le amicizie utili solo per bere birre e strafogarsi di pizzette? la lettura nel silenzio del mare e non alle 6 in pullman mentre si sta andando a lavorare?).

La lista di babyP:

a. Amicizia sincera e disinteressata.
b. Pasto frugale di briciole ("mandami un pentolino di cacio perché possa scialare un po'")
c. Anelito alla libertà.
d. Pensiero puro.



Analisi dal punto di vista epicureo: il progetto di felicità di babyP risulta essere corretto, equilibrato, fonte di futura soddisfazione per la mamma. Tutti i desideri, infatti, sono catalogabili tra i piaceri naturali e necessari.




sabato 6 ottobre 2012

Achille e la tartaruga.





La disputa tra eraclitei, sostenitori della realtà che scorre incessantemente (panta rei) e i parmenidei, assertori dell'immutabilità del mondo, coinvolge i miei studenti da giorni. Sono elettrizzati, come fossero davanti a SkySport (i maschi) o ad Amici (le femmine).

Tale è l'entusiasmo che non vedo l'ora di concludere i presocratici, ecco; peraltro se li hanno catalogati come "pre" socratici un motivo ci dev'essere: il bello deve ancora venire (e prefiguro ai miei riottosi studenti scenari fantasmagorici, con Platone che fluttua nell'Iperuranio, Socrate che beve cocktail di cicuta ed Epicuro che offre un quadrifarmaco per guarire dalle paure).

Mi è toccato Zenone oggi: l'allievo di Parmenide, pur di sostenere il suo maestro, elabora dei paradossi, ovvero delle argomentazioni per assurdo. Il più noto è quello di Achille e la tartaruga: Achille “piè veloce” non raggiungerà mai la lenta tartaruga partita in vantaggio in quanto, prima di raggiungerla, dovrebbe coprire la serie infinita di intervalli di spazio che li separano.

"Ooooh, prof, ma è assurdo!!!" ("Sì, appunto: è un paradosso.")
"Ooooh, prof, ma si drogavano 'sti filosofi?" (domanda ricorrente: devo indagare seriamente sull'uso di sostanze psicotrope da parte degli amanti del sapere.)
"Prof, non la capiamo 'sta filosofia: possiamo rimandare la verifica?" 
"Prof, ma almeno si è suicidato? C'è un po' di violenza?" 
"Prof, la vita è un paradosso." ("Ah, bene, argomenta la tua affermazione". Silenzio.)


Soluzione casereccia del paradosso. BabyP (barando: si fa tenere per mano) non viene mai raggiunta da sua mamma che, a fine giornata, non ce la fa più a starle dietro.

Confutazione del paradosso: il movimento esiste, eccome. Stamattina ho battuto tutti, "piè veloce" che non sono altro... ma dove sono gli altri concorrenti?
Confutazione della confutazione del paradosso: il movimento non esiste in quanto non esiste traccia di umanità con cui gareggiare, alle 5.44 del sabato.







mercoledì 3 ottobre 2012

Fare la prof a casa dell'Elettore Palatino.

Spinoza, uno dei pochi che per filosofare in pace dovette pure lavorare (faceva lenti), ricevette nel 1673 la seguente missiva:

"Illustrissimo signore, il mio clementissimo signore, il serenissimo Elettore Palatino, mi ordina di scrivere a voi, a me finora ignoto, ma apprezzatissimo dal serenissimo Principe, per chedervi se accettereste l'ordinaria professione della filosofia nella sua illustre Accademia. (...) Avrete la più ampia libertà di filosofare, della quale il Principe confida che non abuserete allo scopo di perturbare la religione pubblicamente professata. (...) Questo solo aggiungo, che, se verrete qui, trascorrerete piacevolmente una vita degna di un filosofo, a meno che non accada tutt'altro di ciò che è nella nostra speranza e nella nostra opinione. Vi porgo, illustrissimo signore, i miei saluti. Vostro osservantissimo J. Lodovico Fabritius, Professore dell'Università di Heidelberg e Consigliere dell'Elettore Palatino. Heidelberg, 16 febbraio 1673"

E lui, spiantato scomunicato sfiorato da un omicidio, che fece? Rifiutò, preferendo la libertà della ricerca all'attività d'insegnamento: 
"(...) Infatti, se volessi dedicarmi all'educazione dei giovani, dovrei in primo luogo rinunziare a far della filosofia. In secondo luogo, io non so entro quali limiti debba intendersi compresa quella libertà di filosofare, perché io non sembri voler perturbare la religione pubblicamente costituita (...)".

Io, invece, opto per l'insegnamento, ma nell'Accademia del serenissimo Principe; vanno pure bene i palazzi, i castelli, le villette a schiera di Illustrissimi vari. Faccio eccezione per i paesi scandinavi: non voglio prendere la polmonite, e morire come il povero Cartesio che la regina costringeva a dare lezioni alle 5 del mattino, d'inverno, a Stoccolma.



Ho come l'impressione che nel Palatinato mi sarebbe andata meglio. La libertà del filosofare, all'interno della tipica scuola italiana, è ostacolata dal giallo uovo delle pareti.

BabyP, esasperata dai lamenti sulle brutture della scuola, cerca di forzare il cancello di un castello affinché io possa insegnare come se mi trovassi a casa dell'Elettore lucentissimo, tra stucchi dorati e affreschi mitologici.