giovedì 27 dicembre 2012

Candido, o l'ottimismo.

Non sono mai stata un'inguaribile ottimista. Dubito fortemente di gente come Leibniz che asseriva che "viviamo nel migliore dei mondi possibili".

Eppure, in questa fine d'anno, diversi segnali mi conducono a provare, per una volta, a cambiare punto di vista. 
Segnali filosofici, s'intende.
Per fare un esempio, basta osservare come si sono concluse le birre di Natale:




Pollicioni su, soddisfazione generalizzata per l'anno trascorso, "mipiace" alla vita, speranze confuse ma appassionate per quello che verrà. 
E io sarei rimasta l'unica...?



Mancano una manciata di giorni alla fine dell'anno, e il mio proposito sarà questo: diventare come il Candido di Voltaire. Meno ingenua e sfigata, se possibile, proverò a essere il bersaglio dello scherno del filosofo francese. E babyP sarà la mia Pangloss-Leibniz, guida per comprendere perché "tutto va per il meglio":
























Con questo buon proposito, auguro un anno "à la Candide".


Noi lo inizieremo volando verso un luogo dove ora la temperatura è sui 15 gradi. Il che contribuirà a farci correre felici sulla spiaggia, sospendendo le espressioni facciali da muso lungo.

domenica 23 dicembre 2012

Natale in casa babyP ovvero il Natale filosofico.

Noi filosofe non abbiamo un grande spirito natalizio. 
Siamo:



Non abbiamo fatto i gingerbread. 
Ho però fotografato dei biscotti da una rivista e ho spiegato a babyP che l'idea di Biscotto è perfetta (più gustosa, più decorata, più friabile) rispetto al biscotto empirico.



Lascio la libertà a babyP di crearsi l'illusione di Babbo Natale, l'oppio dei bambini. 
Odiamo, però, i cappelli da babbonatale, in particolare quelli con le lucine.


Come babyP s'immagina Babbo Natale. Senza cappello.


Non facciamo regali faidate. Non giriamo per mercatini di Natale. Andiamo e torniamo in maniera ossessiva da Tiger, questo sì. BabyP ha imparato a dire fiocco, fungo, anche xilofono grazie al volantino.






Ho comprato regali in maniera confusa e li ho impacchettati malamente. BabyP ha imparato ad appiccicare lo scotch. Mi sono ricordata di non usare la pinzatrice per i pacchetti dei bambini. 
I regali che ci scambiamo io e babyP non hanno a che vedere con la plastica, con i gadget per l'Iphone, con guido cantaconta cavalcabile, con il pull bleumarine.


I regali di babyP
I miei regali.









































Non abbiamo il presepe con la carta argentata, il cotone e la muffa putrescente. 
Il nostro albero è penoso, ma, su suggerimento di babyp, abbiamo appeso le sue citazioni filosofiche preferite.

Non abbiamo imparato neanche una canzone natalizia. BabyP si è divertita un mondo solo con quella di pret-à-maman (e io pure).


Aspettiamo con ansia il 25 pomeriggio, per la tradizione più antitradizionalista di questa casa: le birre di natale con le amiche.



L'anno scorso è finita così.


Auguri filosofici a tutti
Love_Esprit de finesse_ Noluntas



mercoledì 19 dicembre 2012

#Tuttoparladivoi. Miti platonici #Gli uomini-palla


Tutto parla di voi  è un progetto in rete sulla maternità correlato al film "Tutto parla di te" di Alina Marazzi, vincitore del premio "Camera d'oro" al Festival del Cinema di Roma.
La maternità è destabilizzante, ammette "Tutto parla di voi".

È destabilizzante perché da uno si diventa due. 

C'è un mito meraviglioso raccontato nel Simposio da Platone per bocca del commediografo Aristofane: il mito degli uomini-palla, come lo chiamo io. 
All'inizio dei tempi i generi umani erano tre, e la loro forma era sferica; ciascuno con quattro gambe, quattro braccia, due volti, quattro orecchi e due organi genitali. Date le fattezze ruotavano come acrobati, ridendo a crepapelle.




Completi, forti e felici, iniziarono a comportarsi in maniera arrogante con gli dei così Zeus, spaventato, li divise in due. Ed eccoci qua: un uomo e una donna, una donna e una donna e un uomo e un uomo.
L'amore nasce da questa rottura: ogni metà cerca disperatamente il suo completamento, come guarigione, effimera, alla separazione.



Quando ero incinta, mi sentivo come quegli esseri primigeni: bella, superba, rotonda.
Avevo due cuori, quattro mani e quattro piedi. 



Poi babyP è nata.
Dopo poche ore dal parto, eravamo in stanza io e lei. Avevo sonno, tanto, volevo solo dormire, ma lei mi fissava attraverso il plexiglas della culla con occhi di petrolio. Non era più il tempo dell'intero, non era più tempo di dormire: lei aveva tre ore di vita, e voleva vedere che succedeva in questo mondo, e quale madre le fosse toccata in sorte. E non ho più dormito.

Lei, insomma, aveva preso in mano il suo destino, mentre io avrei cercato per sempre quell'unità perduta.

L'avrei cercata  cullandola nella notte , 
preparandole pappe profumate al basilico, 
lavandole i capelli come fanno i parrucchieri -con un lieve massaggio-, 
infilandola di soppiatto nel lettone,















imparando a memoria a memoria Pryntil di Vinicio Capossela,
vincendo la paura di tagliarle le unghie,
rotolandomi su tappeti-prati-spiagge, 
incantandomi a guardarla ogni mattina come fosse appena arrivata,
indossando le righe come lei,















scoprendo le albe sul fiume, così diverse da quelle in cui uscivo dai locali sul medesimo fiume, 
rompendomi la schiena per insegnarle a camminare, 
trovandola geniale nella storpiatura delle parole,
interessandomi degli animali -tutti, dalle formiche alla gazza ladra- apprendendo versi e classificazione tassonomica-,






(la stella è tornata al suo mare, dopo l'incontro con babyP)







piangendo -di felicità e di stanchezza- .

La cerco oggi, dopo aver passato una notte insonne facendomi vomitare addosso da babyP, sentendomi male anch'io, e aspettando l'alba e il camioncino dell'immondizia abbracciate sul divano.