sabato 13 dicembre 2014

Le madri del mese di dicembre.

Giorgio Manganelli, "Il presepio"



Le madri del mese di dicembre sono le più infelici dell'anno. Contano i giorni e le ore, poi moltiplicano: venticinque giorni per ventiquattro ore. Il mese di dicembre è una lunga domenica di seicento ore.
Allora dici: gli interstizi d'infelicità vanno riempiti, il cuore deve pompare pace e amore e serenità, fino alle estreme periferie delle dita dei piedi.

Le madri del mese di dicembre partono in anticipo: sono donne organizzate, conciliano famiglia, lavoro, meches balayage shatush dal parrucchiere, e sul promemoria dell'iPhone scrivono per benino tutti i nomi e i rispettivi regali. È semplice come unire i puntini sulla Settimana Enigmistica: i regali sono lì, dall'anno precedente, da mescolare in maniera sapiente (la crema per le mani che ti aveva regalato la zia all'amica, "Il cardellino" di Donna Tartt solo sfogliato all'altra amica, la tazza kitsch con le corna della renna in porcellana chi te l'aveva regalata?).

Le madri del mese di dicembre smettono di correre, di nuotare, di spalmarsi la crema anticellulite; ogni sforzo sarebbe vano in questo mese di aperiauguri e cesti di Natale coi funghetti sott'olio e il cotechino precotto. Prendi la bottiglia dal cesto, un moscato dolce, e ne assapori il perlage: in bocca un pugno di puntine da disegno. Te ne versi un altro bicchiere, colmo, e sbocconcelli del panettone, privato delle uvette e dei canditi.




Le madri del mese di dicembre sono piene di aspettative, tutte deluse, frantumate. Ogni mattina rivolgono occhi di speranza al cielo di latta: il sole le rende irritabili. Attendono un fiocco di neve, che danza ramingo nell'aria, un solo fiocco a purificare il Natale: il Natale è bianco. Hai pagato lo stagionale, lezioni su lezioni individuali, sci e scarponi nuovi per i tuoi figli; guardi il cielo, un raggio di sole danza ramingo nell'aria, e ti viene da piangere: il tuo Natale è giallo.

Le madri del mese di dicembre spalancano la bocca e fanno: Oooh. Il Natale è ridondante, i bambini tendono al barocchismo. Le madri spalancano la bocca e fanno: Ooooh davanti a quei ceffi travestiti da Babbo Natale col vestito acrilico, Oooh davanti alle luci lisergiche della vetrina del macellaio, e ancora Ooooh, Che bella tazza con le corna di renna in porcellana. Oooh.
Le loro case diventano più Tiger che Ikea, la Danimarca invade la Svezia, lucine lisergiche anche dentro i salotti i bagni le cabine armadio, e poi renne ed elfi e cuori, cuori che pompano l'amore cosmico.




Le altre madri del mese di dicembre, sempre in competizione - a giugno era l'abbronzatura, a settembre l'inserimento più strepitoso, ora è il Natale, l'agone più duro -, allestiscono il presepio fatto come una volta col tappeto di muschio e il cielo di cotone; qualcuna ha consegnato la letterina brevi manu a Babbo Natale a Rovaniemi; sembrano pure dimagrite, sarà stata la raccolta del muschio o il Circolo Polare Artico o la rappresentazione della felicità.
Sono un po' nervose il giorno della recita di Natale, il figlio non è stato scelto per fare il protagonista, ma è Natale, bisogna amare il prossimo, anche quella bambina bionda al centro del palco. 

Entri, occupi la seconda fila con maglie giacconi capellini, la maestra è agitata le madri sono agitate; tu calma, interstizi vuoti o troppi pieni di chissà cos'altro. Buio, luce, bambini che recitano e cantano, uno imbalsamato, ma lei dov'è? Hai lo stomaco che si accartoccia: l'hanno dimenticata, forse esclusa. Buio, luce, arriva lei, stelline dorate nei capelli e occhi che cercano i tuoi. Sono qua!, vorresti alzarti e urlare, e invece i sui occhi continuano a vagare per la platea di nonne mamme e fratelli. Sono qua!, ti vede, le  sue stelline sorridono, le dita dei tuoi piedi - gli interstizi? - formicolano.