lunedì 23 novembre 2015

I biscotti del demiurgo.

Non sono brava a giocare, e mia figlia lo sa, allora mi suggerisce di fare le cose vere. Una fa all'altra treccine, ciuffetti e creste punk, per esempio. Oppure facciamo i biscotti: una sensazione di casa, sicurezza, e ovvietà.

Ci sediamo sugli sgabelli alti della cucina, lei in attesa. Faccio cadere dall'alto la farina e lo zucchero, i riccioli di burro e un tuorlo d'uovo, lei con le mani aperte, poi le chiude per impastare la massa dolce e collosa. Ripongo la palla liscia in frigo per una mezz'ora poi la stendo col mattarello. Prendo le formine – la stella, il funghetto, il fiore a sei petali – e babyP se le rigira tra le mani: è arrivato il momento più divertente del gioco delle cose vere. Plasmiamo la stella, il funghetto, il fiore a sei petali come il demiurgo platonico, quel dio-artigiano, che plasmava il mondo.
Anche lui aveva a disposizione una massa morbida – la materia eterna – e delle formine – le Idee – e non doveva far altro che modellare le cose nella maniera più aderente al modello primigenio.




Fuori si è fatto buio, abbiamo davanti a noi i biscotti, ancora da infornare. Dopo dieci minuti suona il timer del forno: sono pronti. Tiro fuori la teglia e dispongo i biscotti in un piatto bruciandomi le dita. Guardo soddisfatta babyP, c'è un buon odore di pasta frolla nell'aria. Lei incurva la bocca all'ingiù e mi dice:
- Sono brutti.
- Ma cosa dici? Sono bellissimi e buonissimi. Ne vuoi uno?
- No, sono brutti, bruttissimi, bleah. Le formine sono belle, i biscotti sono brutti.

Le formine sono i paradigmi perfetti della stella, del funghetto, del fiore a sei petali ma nella realtà le stelle sono puntini lontani, i funghetti sono velenosi e i fiori hanno cinque, tre, dodici petali. 
Fare le cose vere è un gioco stupido perché non sono mai vere: sono un'imitazione del vero. Il demiurgo era uno che cercava solo di fare del suo meglio, di rassettare il caos cosmico, come me. Riproduceva la perfezione attraverso la materia, per sua natura imperfetta, e il risultato è il mondo che ci sta davanti.

BabyP rigira tra le dita il biscotto più brutto, una stella mezza bruciacchiata.
- E la formina della mamma com'è?, mi chiede.
- Come me.

BabyP ha sorriso.




martedì 3 novembre 2015

Le lacrime dei bambini.

Quando i bambini piangono, le lacrime sembrano venir fuori dagli occhi e dalla bocca e dalle orecchie. I bambini piangono con il volto intero, a volte persino con il resto del corpo, dalle mani e dai piedi sgocciolano lacrime.
Cosa farci di tutte quelle lacrime? Terrorizzano quando sono neonati, irritano quando prendono confidenza con i capricci. E ora, che farci? Ora mi piacerebbe capirle.

BabyP è una bambina di quattro anni, che ha un livello di lacrime sotto la media (se si escludono quelle finte, da soap opera sudamericana).
Da un anno circa andava a nuoto, cuffia, occhialini e una certa dose di talento nel fare i tuffi senza tapparsi il naso. Quest'estate scivolava nel mare per mano a me e suo papà, senza i braccioli, e con la testa sott'acqua.
Così, a settembre, siamo tornate in piscina, lei con la sua cuffia, io con il mio libro. Quando entra in piscina mi fa ciao con la mano, io rispondo al saluto, poi mi dedico alla lettura clorata per un'oretta; esce dall'acqua e mi fa di nuovo ciao con la manina.
L'altro giorno ho sollevato lo sguardo dal libro, per farle un ciao di straforo, e al posto della sirenetta ho trovato una bambina in lacrime, glu mamma glu glu glu
Abbiamo parlato; siamo tornate in piscina. Glu glu glu mamma glu.
Abbiamo parlato; hanno parlato padri, nonni, altre madri. Resisti, è piccola, era un pesciolino, piange, non dargliela vinta.
A me però parlavano solo quelle lacrime.



Ieri era il giorno della piscina, ma non ci andiamo più in piscina. Io alla fine non ho capito cosa mi dicessero quelle lacrime, ma mi avevano bagnato la faccia, la maglietta, l'anima tutta inzuppata.

Visto che in piscina non andiamo più, siamo andate ai giardini. Le ho concesso un giro sulla giostrina come se dovessimo festeggiare qualcosa, forse il fatto che io delle sue lacrime non capisco nulla. Il signore della giostrina ha lasciato finire Roma Bangkok e, appena è salita babyP, ha messo su Amedeo Minghi. Guardavo la giostra girare malinconica, e pensavo al codino biondo di Minghi, e all'essere madre, inzuppata delle sue lacrime. Eppure, mi sono sentita felice.