venerdì 23 ottobre 2015

Il senso delle cose.

Se è vero che il mondo non può essere diverso da com'è, è vero anche che si può cambiare il senso delle cose, per come si offrono a noi. La Fenomenologia, secondo Husserl, è quella scienza che conduce a non avere davanti delle cose, ma il senso delle cose.
Come si fa? 
Attraverso uno sguardo puro, da spettatore disinteressato, che non cerca nulla: attraverso l'epoché.
Essere spettatori disinteressati significa essere privi di tutte quelle teorie e quei pregiudizi con i quali abbiamo imbastito il nostro mondo. Come una bambina ingenua che procede per scorci di verità.

Lacrime.
Copiosa irrigazione dei bulbi oculari atta a: intenerire, farsi perdonare; essere irresistibili.




Futuro.
Quando sarò grande potrò fare un sacco di cose. Mi hanno detto che vivrò anche da sola, magari con un gatto. E che potrò uscire da sola, magari col rossetto sulle labbra e il glitter sulle palpebre. Del futuro non m'importa nulla: io il gatto e il rossetto e il glitter li voglio adesso.

Letto.
Il posto più divertente di tutti, quello di mamma e papà. Non dorme nessuno: mamma, papà e io ci fissiamo con gli occhi grandi.

Mal di pancia, mal di testa, male generico.
Sofferenza lieve, difficilmente diagnosticabile (Ma dimmi dove hai male? Alla testa? Sì! Alla pancia? Sì? Oddio!), seguita da pomeriggi sul divano a vedere Frozen abbracciata a un essere umano accogliente.


Pannolino, ciuccio, passeggino.
Oggetti che le madri acquistano in maniera compulsiva per poi disfarsene con aria di trionfo (Le ho tolto il pannolino a 18 mesi, me l'ha praticamente chiesto lei, Io il ciuccio mai messo!, Il passeggino? Ma lo detestava, voleva camminare libera).

Sensazione.
Processo passivo per eccellenza: mi piace starmene ferma mentre le sensazioni belle (l'odore dei biscotti: significa che mia mamma è felice, il rumore scomposto dei passi di mio papà quando entra in casa: significa che è felice; gli occhi di mamma e papà che si incrociano e s'intrattengono un po': significa che sono felici) mi si appiccicano ovunque.



Corpo.
È la mia casa: lo pulisco (le orecchie no), lo porto in giro e ci dormo dentro. Mi piace tenerlo sempre al caldo.

Amore.
L'amore è una cosa da bambini. Anche gli esseri adulti, quando ci riescono, amano. Litigano e poi si danno un bacio, di notte s'incollano tra loro attraverso la pelle e si sussurrano delle sciocchezze. Poi arrivo io, e sbuffano; dico una sciocchezza e allora m'infilano sotto le coltri; ci abbracciamo stretti, oltre la pelle, ossa con ossa.

venerdì 9 ottobre 2015

Se avessi quattro anni.

Se avessi quattro anni mi concederei il gelato tutti i giorni, cono cioccolato e fragola. Mi sfregherei la mano sulla faccia – la faccia striata di marrone e rosa - per poi infilarla in quella di mia madre così da rimanere appiccicate insieme.




Se avessi quattro anni vorrei sempre distribuire il pane all'asilo, una carica a vita. Passerei tra i tavolini, gli occhi famelici degli altri bambini dentro il mio cestino, e porrei la domanda decisiva, esistenziale: Vuoi l'isola (il fondo del pane) o il cannocchiale (la fettina di pane, da scavare nella mollica, e usare come strumento galileiano)?

Se avessi quattro anni bacerei maschi, fiori, la gonna di tulle da ballerina, femmine, cani; bacerei ciò che che mi piace. Saprei subito cosa mi piace, avrei occhi orecchie e naso epidermici, e allora lo bacerei, senza perdere tutto quel tempo a valutare le conseguenze.
Bacerei anche le lumachine quando spuntano dal loro guscio. E mia madre: un giorno proverò imbarazzo nel farlo.




Se avessi quattro anni starei sempre nuda al mare, a leccarmi la pelle e succhiarmi una ciocca di capelli di sale. Ai polsi polpi e al collo alghe, una stella marina a mo' di fermaglio, correrei dagli altri bambini: C'è lo squalo!, e li spaventerei moltissimo.
Nuoterei a cagnolino, rapido e arruffato, dietro le bracciate a stile libero di mia madre: dentro il mare blu, profondo, le farei uno scherzo: C'è lo squalo!, e la spaventerei moltissimo; lei mi prenderebbe la mano e galleggeremmo a pancia in su.
Schizzerei, sputacchierei, soffierei sul mare fino a formare marosi enormi. Io sarei la regina degli abissi, e spaventerei moltissimo anche lo squalo.

Se avessi trentotto anni mi ricorderei dei baci e delle lumachine e degli abissi perché la memoria è una bambina piccola che custodisce dentro di sé tutti i miei segreti.