sabato 26 gennaio 2013

Filosofia del sabato sera ovvero la filosofia ostica.#1. Husserl.

Husserl è complesso. 
In primis, è di formazione matematica, poi ha infarcito la sua filosofia di termini ostici (riduzione eidetica, noema, intenzionalità). 

Il filosofo tedesco è il fondatore della Fenomenologia che vuole indagare le cose per come ci appaiono nella loro essenza. 
Se è vero che il mondo non può essere diverso da com'è, è vero anche che si può cambiare il senso delle cose, per come si offrono a noi.
Bisogna innanzitutto mettere in atto l'epoché ovvero sospendere il giudizio sul mondo, e cogliere il suo senso autenticamente necessario. 

Come appare la realtà prima dell'epoché.



Se prima dell'epoché l'atteggiamento umano fondamentale 
è il primo (ore 6am, sul treno),
dopo muterà in una positiva apertura al mondo (al tramonto, in barca).

La Fenomenologia è dunque un metodo per interrogare il mondo.
Qualche esempio spiccio:

Amicizia
Prima dell'epoché.
L'amicizia è un sentimento simpatetico con qualcuno. Richiede tempo e condivisione per essere definito tale. È, dunque, connotata dall'esclusività.
Dopo l'epoché.
Esistono forme di empatia, immediate e disinteressate, che provocano piacere e diletto. Si svelano - in rarissime serate di libera uscita - attraverso pensieri originali, sogni di mare, vite caotiche, complimenti sinceri, foto di bimbe appiccicate alla gonna di mamma, bicchieri trangugiati di fretta a causa di baby sitter che hanno urgenza di andare in discoteca.

Amore
Prima dell'epoché.
Abbracciare significa cingere qualcuno con le braccia, trasportati da affetto.
Dopo l'epoché.
Un abbraccio in un ascensore rivestito d'acciaio zincato può essere così accogliente da farci trascendere in una casa in campagna umida, davanti a un caminetto acceso.

Svago
Prima dell'epoché.
Una concatenazione fortuita di eventi mi ha fatto annusare aria di libertà. Fino all'una di notte, in effetti, ho pensato solo a me stessa.
Dopo l'epoché.
Tornata a casa, ho ascoltato il silenzio. E non mi è piaciuto. Ho rubato un peluche di babyP, e mi sono infilata a a letto. 
Stamattina ho annusato il coniglietto Titti, e sono uscita pensando con impazienza a quando sarei tornata. Mi è scesa una lacrima. 
E mi sono accettata nella mia essenza: come un'innamorata alle prime armi.



Finalità ultima della Fenomenologia: il senso delle cose.
Oggi ho ballato con babyP. Non lo facevo da tempo. 

Per oggi basta con le riduzioni eidetiche. Ci siamo già, al senso delle cose.



mercoledì 16 gennaio 2013

La filosofia di babyp per #Grazia. Ovvero la libertà come imp(r)udenza.

Ancora sulla libertà.

Mi si obietta che la libertà-da è una forma di libertà ancora statica, inattiva, ideale.

Intanto io assaporo il vuoto dentro il quale -senza fretta- getterò coriandoli

di contenuti













di viaggi













di azioni.














Inizio da qua. 
Sì, da Grazia. Perché l'ho detto - ahimè - che libertà è anche imp(r)udenza. 

Non sono convinta che si possa scrivere qualcosa che motivi alla filosofia di babyp, che è una bambina che ride, zompetta, pronuncia - storpiandole - una cinquantina di parole, tra le quali "filosofia" non compare.
Eppure è babyp a essere simile a quel Socrate, tormento per le coscienze: chi si trovi a ragionare con Socrate (...) è trascinato torno torno ed è forzato a continuare finché non casca a render conto di sé, del modo in cui ha trascorso la sua vita; e una volta che c’è cascato Socrate non lo lascia più prima di averlo passato al vaglio ben bene e in ogni parte (Platone).


La filosofia è stile di vita: per meravigliarci, prima di stupire gli altri.





La filosofia nutre il cervello, e non il corpo. E' più efficace di qualunque dieta.


La filosofia porta in alto, verso la metafisica, e riporta in basso, verso noi stessi. Sali e scendi dall'Iperuranio, alla fine incontri te stesso.



La filosofia è rivoluzionaria. Costringe a mettere tutto in discussione, a capovolgere valori e direzioni. A lasciare quel fidanzato egocentrato, a riallacciare i rapporti con quell'amica strampalata, a non mettere più piede in quell'ufficio claustrofobico.

La filosofia è un viaggio perenne, dove non conta la meta. L'importante è avere sempre la valigia mente pronta. 






La filosofia è epoché ovvero sospensione del giudizio su ciò che non si sa. 
Non esiste una verità assoluta, e dunque sono tediose e superflue le opinioni sul perché T non si sia sposata, perché S si sia licenziata, perché W mandi al nido il figlio fino alle 18, perché G abbia lasciato quel fidanzato perbene, perché B voglia fare il terzo figlio e D neppure uno.

La filosofia è medicina per l'anima, e non c'è Prozac che tenga.





La filosofia è mondana: dai simposi greci ai café lumiére, vi è sempre l'occasione di puro divertissement.

La filosofia è una passeggiata a piedi scalzi sulla sabbia tiepida. 
È indicata per chi è negata a montare i mobili Ikea, inanellare collane di feltro, decorare dolci con pinguini di marzapane. È perfetta per chi vuole godere momenti di ozio intelligente.





La filosofia è principio economico. Si progetta la propria felicità, e si evitano tutti quei desideri che non portano a essa. 


La filosofia è egualitaria. Ammette l'esistenza della ragione per tutti: basta solo avere il coraggio di usarla (bene)






La filosofia è sicurezza: viviamo dopo esserci scrutate e interrogate. Se non ci facessimo mai delle domande saremmo come chi guida un'automobile mai collaudata.

La filosofia aiuta a sedurre. Immaginatevi come Simone de Beauvoir in un ristorantino della Rive Gauche, a intrigare Sartre con la res cogitans. 



La filosofia indica nella felicità non un traguardo ideale, ma un'attività che impegna tutta la vita. Infatti una sola rondine non fa primavera, né un solo giorno; e così un solo giorno né poco tempo non rendono l’uomo neppure beato e felice (Aristotele). 

La filosofia ci rende libere. La sensazione è quella di stare su una barca al tramonto. Con una birra ghiacciata un libro di Husserl tra le mani.





Insomma, forse non c'è spiegazione alla tendenza alla filosofia: 
essa è causa finale, come gli occhi blu dell'amato attirano l'amante.


sabato 5 gennaio 2013

Il viaggio filosofico.

Partire è un po' morire, scriveva Edmond Haracourt.

E oggi io e babyP dobbiamo fare uno sforzo smisurato per aggiungere vita ai nostri giorni di città.
È che ci manca il luogo dal quale siamo partite, la sensazione di sospendere la vita quotidiana, tra le nuvole, e di intravvederne il senso.
Ci manca il sole del Sud Italia che solo nel Sud Italia lo sanno far splendere così.



Ci manca pagare il caffè 70 centesimi. E trovare le granite con panna anche d'inverno.
Ci manca il tocco vintage dei negozi, delle case, delle trattorie, detto anche tocco arrepezzato.





Ci manca giocare con i limoni che sono più grandi di una palla.



Ci manca rivestire i panni dei contadini, dei pescatori, dei raccoglitori di gira (bietola, n.d.t.) selvatica. Ci manca accarezzare un uovo ancora tiepido e divorare a cucchiaiate la ricotta del pecoraro.
Se qui il frigo è vuoto, non si mangia. Laggiù se il frigo è vuoto, si banchetta con uova strapazzate, verdure saltate e pesce al cartoccio.


Il riposo della finta contadina.


Babyp si prepara a una battuta di pesca.

Ci manca non sapere più in quale stagione ci troviamo: in Sicilia a inizio gennaio è tutto verde, giallo e viola. A babyP non importa più della nenne (neve, n.d.t.): ora è tempo di "soli e fiori".




Noi filosofe viviamo la vita di tutti i giorni sapendo che esiste un'altra meta. Nulla di metafisico: è semplicemente la direzione ideale per far confluire pensieri e significati.
Noi abbiamo bisogno della Sicilia.
Molti filosofi ebbero bisogno di un altrove: basti pensare a Platone che compì tre viaggi a Siracusa col pretesto di divulgare il suo progetto politico. 
In realtà, voleva rimpinzarsi di gamberoni crudi in un ristorantino di cui aveva sentito parlare. Peccato che una volta finì per essere ridotto in schiavitù, un'altra imprigionato, e se ne tornò ad Atene senza aver potuto assaggiare i crostacei agognati.


I gamberoni di Platone.

La filosofia stessa è viaggio, ricerca, tendenza: non vuol arrivare a possedere il sapere, si accontenta di cercarlo. E, dunque, anche nel viaggio non importa la destinazione, partiamo pure per Champlas, Delhi, Ospedaletti, New York: quel che conta è smuovere la mente, accenderla, ingarbugliarla, turbarla, lambirla, abbagliarla, mitigarla.
Viaggiare significa trovarsi di fronte agli interrogativi di fondo di cui si nutre la filosofia: 

chi sono (davvero)? 
che cosa voglio? 
dove sto andando? 


In questo momento sono mamma, né buona né cattiva,
ma fortemente mamma.


Voglio starmene gettata sulla spiaggia, come una rete da pesca, a fare niente con babyP. 
A fissarci i piedi, e ripetere "(s)carpe, (s)carpe".


Voglio che babyP continui a baciare i cani, i lombrichi,
e pure i pesci da mettere in padella.
Sto andando, col mio nuovo taccuino, a raccogliere i pezzi di me che mi piacciono e
a stracciare quelli superflui, ripetitivi, accidentali.
Vado a disegnare, a scrivere, a ritagliare.
Vado a scoprire persone che mi hanno incuriosito.
Vado a osare, un pochino, perché non sono sostenitrice del destino prestabilito.
Posso arrischiare il viaggio della mia vita.